Salita al Passo dello Stelvio (parte seconda)

Dal Pont de la “Val de Campel” a la “Fontanecia”.  (Dal ponte della val di Campello alla Fontanaccia.)

# salita al passo dello stelvio

Sono all’altezza del piccolo ponte “de la Val de Campel” (val di Campello) e il nucleo abitato di Bormio è ormai alle spalle. La mente è per un attimo rapita dal misero rigagnolo d’acqua che scorre nello stretto budello artificiale. A vederlo oggi sembra impossibile che questo torrente possa scatenare una furia devastante quando i temporali estivi si scontrano con l’imponente parete dolomitica del monte Reit. In quei rari frangenti migliaia di metri cubi di acqua, fango e detriti corrono veloci e senza preavviso verso valle e l’enorme conoide alluvionale, realizzato in millenni da questo incostante corso d’acqua, è lì a dimostrarlo.

Per un breve tratto la strada corre circondata da imponenti larici vestiti del loro consueto abito autunnale a tinte arancioni. Pochi passi e sulla sinistra si svela maestosa la prateria di San Gallo. I piani terrazzati e i pendii dolcemente digradanti si presentano perfetti e ben rasati dai sapienti agricoltori di montagna. L’antica rete di canali d’irrigazione che qui prendevano il nome di “agualar” rimane oggi solo un secco solco nel terreno ma recentemente ho sentito che negli ambienti amministrativi si parlava del loro ripristino. Chissà.

Osservo, penso e procedo nel mio cammino con passo regolare. In breve supero i tornanti “del pian di Bagn” (piano dei Bagni Nuovi) e “de l’AEM” (Azienda Energetica) . Non mi serve chiuder gli occhi per ricordare quando Toni mi disse che nel tracciato originale questo tornante non esisteva. Ricordo perfettamente le sue parole quando in dialetto mi disse che un tempo la strada imperiale dello Stelvio proseguiva pianeggiante fino a raggiungere il Grand Hotel Bagni Nuovi e da lì proseguiva verso “Curvalta”. Sorrido al piacevole ricordo e quando mi riprendo sono al “Crapon” (grande roccia) , l’antica cava di pietra verde della Val di Campello. Il “marmo” dei bormini. Molte volte passeggiando per il paese mi sono soffermato a osservare affascinato gli antichi portali dei palazzi nobiliari e delle chiese del borgo. Ho sempre ammirato la maestria dei lavori di diversa fattura realizzati con molta capacità, tenacia e pazienza, in questo caratteristico serpentino verde. Una pietra particolare e sicuramente di non facile lavorazione seppure migliore di altre pietre locali.

Quanta storia nel nostro paese. La salita verso il Passo Stelvio è appena cominciata ma il mio umore è già mutato. Camminare mi ha sempre aiutato a far pace con me stesso ma da un po’ di tempo qualcosa è cambiato o almeno cosi credo. La frenesia della vita di ogni giorno, gli impegni, i fallimenti, le disillusioni, l’eccesso di tecnologia, tutto questo e chissà cos’altro mi hanno invecchiato. Il bambino di un tempo non c’è più e con lui se ne sono andati troppi sogni, illusioni, emozioni. Non lo so. Forse anche per questo oggi mi sono messo in cammino approfittando della inaspettata chiusura stradale. Voglio tornare a godermi il silenzio, la pace, i colori e l’aria della mia amata montagna. Sono a Curvalta. La strada riprende il suo tracciato originale e continua il suo corso tra i larici. Il sottobosco dei lariceti, arioso e luminoso, è uno dei più belli che si possano trovare nelle nostre vallate alpine. Tra marzo e aprile il fucsia delle eriche è tra i primi colori a sostituire il bianco della neve e annunciare senza bisogno di calendario la fine dell’inverno.

Al “crap de Magatel” (sasso di Magatelli) la strada curva prepotentemente verso destra. Pochi passi e anche il piazzale lastricato della pedemontana della Réit è alle mie spalle. Rallento fin quasi a fermarmi. Esito. Solitamente per raggiungere i Bagni Vecchi prendo il sentiero dell’acquedotto ma oggi mi dico che non è necessario perchè la strada è chiusa al traffico ed è tutta per me. Stranamente solo io questa mattina mi trovo su questo asfalto che nella stagione estiva vede ogni giorno transitare migliaia di viaggiatori tra ciclisti, motociclisti e automobili di ogni epoca e categoria. Dalle auto storiche ai prototipi del futuro. Dalle utilitarie alle supercar.

Ma oggi qui ci sono solo io. Solo io? No! Mannaggia! Sembrava troppo bello per essere vero. Sono alla curva de “la fontanecia” (fontanaccia) e in fondo al rettilineo l’occhio è catturato da una sagoma. Sicuramente è un uomo con uno zaino. Pochi istanti e non c’è più, completamente svanito. Avrà svoltato dietro la curva mi dico. Se continua, più avanti sicuramente lo raggiungerò.

Salita allo Stelvio (parte VII) – testo romanzato di Stefano Bedognè

Nota dell’autore: A causa dell’isolamento da Covid19 non è stato possibile recarsi sui luoghi descritti per fare fotografie da allegare al racconto. Tuttavia è stata introdotta una validissima alternativa. Cliccando sui toponimi indicati in grassetto (nel testo) si apre il link a google street view. In quella scheda il lettore potrà visualizzare a 360 gradi il punto che si sta raccontando. 

N.B. Le traduzioni dal dialetto alla lingua italiana non sempre sono possibili o, per meglio dire, spesso hanno significati ambigui e differenti. Vanno quindi intese nel loro contesto e sopratutto valutate per il loro toponimo più che per il loro significato letterario.

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