Gli anni ’50 – Seconda parte
La Bormio degli anni ’50
anni ’50: “Valtellina turistica e commerciale” (Ed. 1960), pubblicazione turistica dell’epoca, sottolinea come in quegli anni a Bormio e dintorni l’industria turistico-alberghiera sia un settore in continua espansione. Viene inoltre evidenziato:
“L’industria idro-elettrica ha creato in tutta la zona del Bormiese numerosi bacini artificiali che anche concorrono ad abbellire il paesaggio. Il complesso delle centrali varie, collegate da ottime strade, è imponente. I lavori per l’attuazione di nuovi progetti continuano.”
La rivista sottolinea inoltre la qualità dei prodotti caseari locali e della patata di Bormio, di cui si evidenzia la qualità eccellente e la sua diffusione su tutto il mercato lombardo.
“A Bormio e nel Bormiese si contano numerose segherie per la preparazione di legname da costruzione e da mobilio – falegnami e mobilieri, artigiani dai laboratori aggiornati, producono in quantità e qualità per il fabbisogno della zona. Numerosi sono i laboratori per la fabbricazione e la riparazione di sci, note e pregiate le calzature in cuoio da montagna e da sci di produzione artigiana.” (fonte “Valtellina turistica e commerciale” Ed. 1960).
Per il lettore è facile cogliere quale fosse l’energia positiva di quegli anni, la voglia e l’ambizione di costruire un nuovo benessere con il conseguente sviluppo. Alle rinomate arti locali di un tempo si affiancano nuovi lavori e nuove opportunità quasi sconosciute fino al decennio precedente. Anche il paese e la sua urbanistica sono completamente diverse rispetto a oggi, basti pensare che allora, Villa Ida, si trovava al margine settentrionale del nucleo abitato di Bormio.
Dalle descrizioni che seguono risulta chiaramente che lo stabilimento di Bormio Terme e la chiesetta di Santa Barbara, nell’attuale zona dei semafori, sono ubicati ai margini del paese e circondati da pascoli e praterie.
Le stesse presenze alberghiere mostrano che il turismo non è ancora quello di massa e anche gli spostamenti per raggiungere Bormio sono più laboriosi. Carri e slitte non sono ancora completamente spariti dalle strade e nonostante l’enfasi con la quale vengono descritte le carrozzabili realizzate per gli impianti idroelettrici, le vie di comunicazione sono ancora lontane dall’essere quelle che oggi, seppur con molte carenze, conosciamo.
“Ai Boschetti d’Adda: (30 minuti).
– Segnalata con triangolo rosso – Oltrepassate le Terme si prende la strada di campagna sotto <>; essa si divide subito: bisogna seguire il ramo più a monte; si attraversano delle praterie, poi un ghiaieto, poi di nuovo praterie; il sentiero rasenta un terrapieno e corre diritto in direzione dell’Adda. Non si ha che scendere per la folta scarpata per trovare un’oasi di quiete e recessi tranquilli. L’amatore, lungo il piccolo corso d’acqua che si attraversa nella discesa, potrà trovare qualche esemplare di quella strana e tanto rara orchidea, detta Pantofola di Venere (Cipripendium Calceolus).
A Santa Lucia: (30 minuti).
– Si prende la strada campestre che inizia alla Chiesetta di Santa Barbara e attraversa una zona di coltivi e prati. Tenere sempre la sinistra nelle biforcazioni. Si può raggiungere Santa Lucia anche attraverso la prateria dell’Alute sulla stradetta che costeggia la riva sinistra del torrente Frodolfo e che ha inizio al ponte dell’Eden.” (fonte “Valtellina turistica e commerciale” Ed. 1960).
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