Gli anni ’70

Albergo Adele e Bormio negli anni settanta

Anni 70. Se dovessimo racchiudere in una sola parola gli anni ’70 di Bormio useremmo il termine: condomìni. Nel decennio il paese vive l’esplosione del settore edilizio che da allora sarà in continua espansione fino al 2008 – 2010 quando, a causa della crisi economica e della recessione globale, rallenterà bruscamente fino quasi ad arrestarsi. In quegli anni Bormio vede la nascita di grandi edifici e la proliferazione delle seconde case. Continua lo sviluppo dell’offerta turistica e in particolare di quella sciistica che vedrà il compimento nel 1973 con la realizzazione della funivia Bormio – Bormio 2000. Sul finire degli anni ’70 Bormio offre moderni impianti di risalita con una capacità di trasporto oraria di 9000 persone.

Sulla pubblicazione “Guida turistica della provincia di Sondrio”, edita dalla Banca Popolare di Sondrio, per la prima volta tra le offerte turistiche del Bormiese appare il Parco Nazionale dello Stelvio che, dopo la sua istituzione nel 1935 vedrà nel 1977 un ampliamento di 400 km2 che lo faranno diventare, con una superficie totale di 1350 km2, il più grande parco nazionale italiano e, considerata la soluzione di continuità con il Parco Nazionale Svizzero dell’Engadina, una delle più grandi aree protette del continente europeo.

Per operare nel Parco Nazionale dello Stelvio, nel 1971, fa capolino a Bormio un ex atleta della squadra nazionale di sci di fondo, una giovane guardia forestale, Oreste De Martin. Mentre Bormio cresce, si dota di impianti, piste, strutture e capacità ricettiva estiva e invernale degne delle migliori stazioni turistiche nazionali, Albergo Adele, aperto 12 mesi l’anno, può ormai contare su una clientela sempre più fedele.

Adele, forte di un gran temperamento e spiccata personalità, sa instaurare con ogni cliente un rapporto di fiducia e, in maniera del tutto naturale, offre a tutti la sua tipica ospitalità familiare. Da Adele ognuno si sente come a casa propria ed è trattato come uno di famiglia. In quegli anni si racconta che insieme ai turisti, tra feste paesane, matrimoni e altri eventi, Adele sapesse mettere allo stesso tavolo finanzieri e contrabbandieri fingendo tranquillamente di non sapere nulla né dell’uno né dell’altro. Agli ospiti vacanzieri si aggiungono anche agenti di commercio, operai, impiegati, spalloni e forze dell’ordine di ogni genere e grado. Sono anni lieti, anche se di duro lavoro, e ogni giorno porta con sé emozioni e ricordi che rimarranno profondamente impressi nella memoria dei protagonisti.

Tra gli ospiti dell’Albergo Adele c’è anche la guardia forestale Oreste, che conquista il cuore della giovane cameriera Silvana con la quale convola a nozze nel 1972. L’anno successivo nasce Francesca.

Gli anni 70 raccontati da un amico

Per raccontare l’energia e l’atmosfera di quegli anni è necessario affidarsi alle parole dell’amico Beppe, in quegli anni giovane tenente della Guardia di Finanza a Bormio.

“Quando mi comunicarono, ad aprile del ‘77, la destinazione post Accademia, confesso che andai a guardare sull’atlante geografico dove si trovasse Bormio, a quei tempi poco conosciuta da noi romani.

Partii, un po’ preoccupato, con la mia vecchia 500, lentissima in salita. Treno e cuccetta fino a Milano, poi viale Zara, Lecco, le mille curve del lago e infine ingresso in Valtellina. Tornanti e salite non ne trovai, ad eccezione di una “pettata” appena passata Tirano. Poi falsopiano continuo fino a una bellissima vallata, con a metà strada un cartello:

“Bormio – 1216 metri slm”. Già qui?

Giornata di sole, vista splendida su montagne e foreste, con strade libere per la stagione finita e gli impianti chiusi. Mi fermai a un bivio e chiesi a un signore dove si trovasse la caserma che cercavo. Mi rispose in un bormino stretto che compresi con qualche difficoltà (poi scoprii che si trattava del bravo titolare, lucano e perfettamente “bilingue”, della barberia lì dappresso).

La Tenenza stava dov’è ora, in Combo, e venni accolto dal caro maresciallo Ambrogio, con cui lavorai per tutta la giornata. A sera, Ambrogio mi disse: “Comandante, è ora di cena, la porto a conoscere Adele, vero personaggio bormino”. Quella sera, però, in albergo trovammo soltanto “la Silvana”, perché Adele e Fortunato erano partiti per andarsi a riposare nella bassa. E già la Silvana mi soprese moltissimo per l’energia, la carica e la cortesia. Quando glielo dissi, Ambrogio rispose: “Aspetti, aspetti … vedrà con l’Adele”. E lo vidi. Adele era energia purissima. Forza, affetto e autorità mescolati insieme in modo indissolubile e in perenne movimento. “Cosa fai lì al bar? È pronto! Muoviti!”. Nessun cliente si salvava, di qualunque età fosse, dai cinque ai novant’anni. “Così poco? L’abbiamo fatto noi. Mangia tutto! Non lasciare niente!”. Mi sembra di vederla ancora oggi uscire dalla porta della cucina spingendo di corsa il carrello con sopra i piatti fumanti e, sdraiata sotto, la piccola Francesca che strilla divertita. Chissà come dev’essere avere una nonna così.

Poi, dopo cena, due chiacchiere. Ma brevissime, ché da fare non manca mai. Ti si avvicinava all’orecchio, con la mano a nascondere la bocca. Commenti stringati in bormino e gran pacca finale sulla spalla. E se ti sfuggiva qualcosa: “Ma ancora non ci capisci? Ma te lo devo dire in italiano?”

Poi, guai a farle sapere di aver problemi. Un’estate mi scappò di bocca che avevo casa in gran disordine e non riuscivo a riassettarla per il troppo lavoro a Livigno. Ore 6:55 del giorno dopo, scampanellata alla porta, irrompe Adele con altre due signore, scope e secchi: “Fuori! E vieni stasera in albergo a riprenderti le chiavi!”.

Adele grande e carissima, come potresti non essere nel mio cuore?”

Giuseppe Fortuna

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